Recensione rashomon
Recensione a cura di amterme63 (voto: 10,0)
L'inizio della conoscenza e della fortuna del cinema giapponese in Europa ha una data e un luogo ben preciso: Venezia, settembre 1951.
Quell'anno il Festival del Cinema fu vinto a sorpresa da un film fatto venire di soppiatto dal Giappone, addirittura all'insaputa del regista. Si trattava di "Rashomon", diretto dal quarantenne Akira Kurosawa.
L'evento fece sensazione. Fino ad allora si pensava al cinema giapponese come a qualcosa di esotico e di caratteristico, ostico e indigeribile per i raffinati palati occidentali. "Rashomon" dimostrò invece che in Giappone si faceva un cinema stilisticamente di grande livello e che trattava temi comprensibili e attuali in ogni parte del mondo.
Rovesciando un po' gli stereotipi storici, "Rashomon" riuscì a forzare l'orgoglioso blocco occidentale alle opere d'arte cinematografica provenienti dall'Oriente. Nel varco prodotto ci s'infilarono dapprima i film storici in costume (fra cui alcuni film di Mizoguchi), poi i capolavori di vita vissuta contemporanea di Ozu e Naruse, per arrivare al grande numero di film, di tutti i generi, che compongono oggi una rilevante fetta del mercato cinematografico mondiale.
"Rashomon" vale solo per i suoi meriti storici? Assolutamente no. A distanza di sessant'anni è ancora attualissimo e conserva intatto tutto il suo impatto emotivo e artistico sullo spettatore. Ciò che lo ha consegnato all'universalità dell'arte è lo scottante tema trattato: la triste consapevolezza che l'essere umano è portato generalmente a mentire, a distorcere i fatti sempre e solo a proprio egoistico comodo. Si tratta di un tema filosofico apparentemente astratto, ma che in realtà condiziona la nostra vita di tutti i giorni (si pensi all'informazione e alla politica).
Il merito di Kurosawa è quello di avere tradotto questo concetto importantissimo in vita vissuta, avergli dato emozione, passione, fisicità; il tutto con una evidenza, una nettezza e una forza che fanno tuttora grande impressione.
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