giovedì 30 aprile 2009

Recensione ALLA SCOPERTA DI CHARLIE

Recensione alla scoperta di charlie




Regia di Mike Cahill con Michael Douglas, Evan Rachel Wood, Willis Burks II, Laura Kachergus, Paul Lieber, Kathleen Wilhoite

Recensione a cura di A. Cavisi

Miranda, diciassettenne che vive sola da quando il padre è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico, si ritrova a fare da madre al proprio genitore, fissato con un antico tesoro nascosto che vuole ritrovare a tutti i costi.

Al giorno d'oggi, cosa desidera più di ogni cosa una diciassettenne? Un motorino, magari un fidanzatino, un paio di scarpe nuove, un biglietto per il concerto del suo cantante preferito, un viaggetto con gli amici o cose di questo genere. Ma la protagonista di questo delizioso e delicato film è diversa da tutte le altre sue coetanee, e suscitando un certo senso di tenerezza e di compassione nello spettatore, ci mostra che la cosa che più desidera al mondo è una lavastoviglie, in modo da non dover lavare anche i piatti dopo ore e ore di lavoro al McDonald's.
Un passaggio narrativo molto importante, quello in cui si ferma a rimirare estasiata l'elettrodomestico, ma anche un momento di grande riflessione che ci fa comprendere in un attimo le difficoltà e la personalità di questa figura, forse già vista cinematograficamente parlando, ma sicuramente molto ben delineata e tra l'altro ben impersonata dalla bravissima Evan Rachel Wood, che di strada ne sta facendo parecchia.
Non è da meno il grande Michael Douglas, che si cimenta in un ruolo un po' distante dagli uomini di successo che ha quasi sempre interpretato, personificando la follia (ma è poi vera follia?) e l'alienazione di un uomo con disturbi bipolari della personalità, che dopo due anni di ospedale psichiatrico ritorna a casa da sua figlia non ancora maggiorenne, ma che sorprendentemente manda avanti la baracca da sola.
Lei si rivolge a lui chiamandolo Charlie e lui, nonostante i suoi problemi psichici (che nel corso della pellicola però ci sembrano sempre meno visibili), continua a desiderare di essere chiamato papà, mostrandoci un barlume di normalità in mezzo alle stramberie del suo modo di comportarsi (un po' ruffiana, al riguardo, la scena in cui alla fine Miranda tra le lacrime lo chiama papà).

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