giovedì 16 aprile 2009

Recensione DEPARTURES

Recensione departures




Regia di Yojiro Takita con Masahiro Motoki, Tsutomu Yamazaki, Ryoko Hirosue, Kazuko Yoshiyuki, Kimiko Yo, Takashi Sasano

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Daigo Kobayashi suona il violoncello in un'orchestra di Tokyo. Quando questa viene sciolta decide, con sua moglie Mika, di tornare nella sua città natale. Là accetta, all'insaputa di Mika, un lavoro come cerimoniere funebre. Il contatto con la morte e la ritualizzazione dell'ultimo saluto ai defunti, se dapprima lo avevano spaventato, in seguito gli offriranno l'occasione di guardare alla vita da una prospettiva differente.
Daigo ha appena perso il lavoro, e questo prelude sempre ad un cambiamento della propria vita. Nel suo caso il tutto si traduce con la decisione di tornare al paese dei suoi genitori e là ricominciare accettando un lavoro del tutto nuovo. Venduto il violoncello e accantonato così il suo passato, Daigo si trova di fronte alla scelta se accettare un lavoro come cerimoniere funebre, ben retribuito e di cui in parte teme l'impatto, o rimanere in attesa di qualcosa di diverso. Decide, soprattutto perché travolto dal fervore del suo nuovo datore di lavoro, di cimentarsi nella composizione e nella vestizione rituale dei corpi prima della cremazione, ma senza avere il coraggio di parlarne con la moglie. Quello che però Daigo aveva sottovalutato è l'effettivo impatto di un rapporto così ravvicinato con la morte.

La vasta filmografia di Yojiro Takita comprende titoli che sono giunti anche in Europa, come il fantasioso "The Yin Yang Master" ("Onmyoji", 2001) e il suggestivo "Ashura" ("Ashura-jô no hitomi", 2005). Ma con questo "Departures" ("Okuribito") il regista supera di molto i suoi lavori precedenti, rivelando una sensibilità stilistica di rara intensità e, collocandosi tra i più poetici cantori dell'ultimo cinema giapponese, vince un meritatissimo Oscar come miglior film straniero.

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