giovedì 1 ottobre 2009

Recensione IL CATTIVO TENENTE - ULTIMA CHIAMATA NEW ORLEANS

Recensione il cattivo tenente - ultima chiamata new orleans




Regia di Werner Herzog con Nicolas Cage, Val Kilmer, Eva Mendes, Jennifer Coolidge, Fairuza Balk, Brad Dourif, Shawn Hatosy, Denzel Whitaker, Xzibit, Shea Whigham, Brandi Coleman, Katie Chonacas, Tom Bower, Vondie Curtis-Hall, Irma P. Hall, Lance E. Nichols, Kyle Russell Clements

Recensione a cura di fidelio.78 (voto: 5,0)

C'era una volta il Cattivo tenente. E c'era una volta una Manhattan pre-Giuliani, fatta di ghetti, di periferie buie e disumane, androni gremiti di spacciatori e case luride in cui il corpo di Harvey Keitel ballava nudo ubriaco bagnato di whisky e di sesso.
C'era una volta Abel Ferrara (questo vale a prescindere da questo film), che non aveva timore di mostrare la droga come eccesso, scissa da qualunque legame borghese e la corsa notturna all'inferno di un uomo (cattivo, marcio dentro) diventava simbolo escatologico di una collettività egoista che trovava il suo lato morale solo sul fondo del barile per tornare "figliol prodigo" sacrificandosi come agnello sull'altare del Padre.
Ma sono passati 20 anni da allora.

New York è divenuta New Orleans. Siamo nel post Katrina (ma perché specificare questo dato temporale? Solo per giustificare la prima scena in cui un carcerato è rinchiuso in cella rischiando di affogare? I più malvagi potrebbero associare Giuliani a Katrina...) e a Terence McDonagh (N. Cage), appena diventato tenente, viene assegnato il caso di un omicidio plurimo. Deciso a fare giustizia si mette sulle tracce dei malviventi.
Che non sia uno stinco di santo, è intuibile dalle prime scene, così come da subito però si capisce che quel "cattivo tenente" in realtà sia un buon tenente a cui piace un mondo fare il cattivo. Il faccione mono espressivo di Cage campeggia nella sua inutile ebete espressività per le due ore di film in cui il talentuoso (?) nipote di Coppola ci delizia con un mix dei suoi personaggi più riusciti passando dal Ben Sanderson di Via da Las Vegas al Castor Troy del film di J. Woo. E siccome allo sceneggiatore non è dispiaciuta l'ultima serie di Dr. House, perché non inserire un piccolo fastidio fisico alla schiena, così da giustificare l'assunzione di Vicodin e altre medicine/droghe?
I due film sono troppo distanti per poter fare anche solo un accenno di paragone, pertanto se vi recate al cinema convinti di vedere il remake del film di Ferrara, state alla larga. Tolto il titolo e un paio di scene in prestito, di tutto il resto non c'è traccia. A ragion veduta, è una pessima scelta di marketing.

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