Recensione la ragazza che giocava con il fuoco
Recensione a cura di Anna Maria Pelella
Dag Svensson (un giornalista che sta portando avanti un'inchiesta per conto della rivista Millennium, incentrata sul traffico di prostitute dall'est), Mia (la sua fidanzata criminologa) e l'avvocato Nils Bjurman vengono assassinati.
Le impronte sull'arma che è stata usata nell'omicidio dei primi due, e che apparteneva all'avvocato, sono quelle di Lisbeth la quale viene accusata di triplice omicidio. Il solo a credere alla sua innocenza è Mikael Blomkvist che si mette alla ricerca dei veri assassini.
"La ragazza che giocava con il fuoco" non può che essere Lisbeth Salander, pericolosa hacker, temibile asociale dalla memoria prodigiosa, sospetta assassina e protagonista assoluta del secondo capitolo della saga Millennium, dell'ormai celebre Stieg Larsson.
Se in "Uomini che odiano le donne" ci siamo trovati di fronte al classico enigma della camera chiusa, ambientato su un'isola tagliata fuori dai collegamenti con la terraferma per tutta la durata degli avvenimenti sospetti, in questo secondo film diviene molto più centrale la storia di Lisbeth e il racconto nel complesso assume i toni del thriller.
Lisbeth è stata incastrata e deve capire alla svelta chi è che la vuole fuori combattimento, e quando avrà la possibilità di scoprire quello che c'è dietro tutta la montatura sui suoi presunti crimini, sarà da sola davanti al suo nemico di sempre.
L'avvocato "sadico porco verme stupratore", con la complicità di un misterioso Zala, innesca una catena di avvenimenti che non sarà più possibile arrestare. E la tenacia sarà l'unica arma di cui Lisbeth potrà disporre fino alla fine.
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