Recensione gosford park
Recensione a cura di antoniuccio (voto: 9,0)
Maggie Smith, una delle indiscusse regine del cinema e del teatro inglese, durante i titoli di testa, a bordo della sua autovettura con autista e cameriera, avvia questa pellicola gioiello diretta con sagacia dal compianto Robert Altman.
È uno dei pochi e selezionati invitati di Sir Willam McCordle, ricchissimo proprietario di Gosford Park, che periodicamente organizza battute di caccia nei suoi possedimenti.
Un vero e proprio raduno di ospiti illustri, ognuno con cameriere e valletti al seguito, sta per avere luogo davanti agli occhi dello spettatore; nulla è lasciato al caso, grazie a una organizzatissima servitù comandata da Jennings, il maggiordomo, e dalla signora Wilson, la governante.
Tutto procede esattamente come previsto, eccezion fatta per l'omicidio del padrone di casa (ma è davvero un imprevisto?) che crea qualche piccolo imbarazzo. Dopotutto, ricordiamo che siamo in Inghilterra, e il glorioso self control è d'obbligo.
Fin qui sembrerebbe la trama rimaneggiata di film visti e rivisti, del calibro di "Arsenico e vecchi merletti" o simili, ma ben presto la storia si dipana nella sua ben più complessa struttura.
Gosford Park è un vero e proprio microcosmo dove convivono due dimensioni parallele, collegate ma sempre distinte: chi vive e lavora below the stairs è condannato per sempre a far parte della servitù, non conta nulla e non potrà mai assurgere al rango di chi vive invece above the stairs.
Due mondi separati solo da una scala, percorsa innumerevoli volte, che segna tuttavia una insormontabile demarcazione sociale. Siamo nel 1932, e l'Inghilterra vive ancora anni tranquilli in cui lo snobismo sembra essere l'unico pensiero degli ambienti salottieri. E Altman ha dato un valore simbolico a quella scala, elevandola a protagonista del film. Per quanto possa essere un mezzo di collegamento, forse un bastione o una fortezza risulterebbero più fragili. È una scala che avverte di non illudersi: non è percorrendola che si possa migliorare o peggiorare la propria condizione, perché è una barriera ideologica, convenzionale, mentale, culturale.
Gli invitati di Sua Signoria si trovano al di sopra della scala, appartenendo, per lo più, alla cosiddetta alta società: vi si annoverano contesse, baronesse, colonnelli e gentiluomini, e la presenza isolata di un regista di Hollywood non appare altro che un pretesto per variegare i soliti convenevoli che caratterizzano questo tipo di consessi.
Nessuno sembra eccitarsi più di tanto quando si pronuncia il nome di Greta Garbo, o si annuncia la trama del prossimo film giallo in produzione; i salotti di Gosford Park, esaurito il brevissimo effetto del ritrovarsi dopo qualche tempo, piombano nella più cupa noia, nella monotonia affogante. Il "salotto buono" appare di uno squallore esasperante.
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