Recensione il concerto
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Recensione a cura di peucezia
Dopo "Train de vie", singolare film sulla persecuzione ebraica da parte dei nazisti, il regista franco-romeno Radu Mihaileanu ritorna a parlare di ebrei ai giorni nostri nella Mosca post glasnost.
Gli ebrei del primo e celebrato film progettano una fuga verso la Russia; nella moderna Russia de "Il concerto" i loro virtuali "eredi" si muovono e vivono, così la nuova pellicola potrebbe essere un'ideale seconda parte. Filo rosso tra i due film l'ironia serpeggiante e dissacratoria.
Siamo in Unione Sovietica, in pieno regime comunista, con Breznev segretario del PCUS. Andrei, il direttore dell'orchestra del teatro Bolscioi, rifiuta di allontanare i musicisti ebrei e per questo viene rimosso dal suo incarico nel bel mezzo di una esecuzione.
Ai giorni nostri, non ancora reintegrato e anzi ridotto a fare umili lavori nel suo amato teatro, intercetta un fax che invita l'orchestra del teatro in Francia e così, mosso da un improvviso senso di ribellione e di rivalsa, decide di riunire i suoi ex compagni per riprendere il concerto per violino e orchestra di Ciajkovskij fatto bruscamente interrompere dalle autorità ed eseguirlo a Parigi.
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