Recensione l'alibi era perfetto
Recensione a cura di antoniuccio (voto: 10,0)
Ogni pellicola firmata da Friz Lang costituisce un pilastro fondamentale per chiunque si sia applicato dietro la macchina da presa, poiché la vastità degli argomenti affrontati e il modo con il quale le pellicole sono state realizzate si rilevano evidenti perfino in capolavori firmati Hitchcock e Welles.
Con "Beyond a reasonable doubt", tradotto riduttivamente in "L'alibi era perfetto", l'argomento affrontato è il doloroso tema della pena di morte.
È giusto che uno stato moderno si ponga allo stesso livello dell'assassino? Oppure la struttura del sistema giudiziario è tale da assicurare idonee garanzie, dal momento che il verdetto che la giuria è chiamata ad esprimere deve essere mediato e filtrato dalla convinzione che la colpevolezza sia al di là di ogni ragionevole dubbio?
Questi sono gli interrogativi che si pone il direttore di un giornale assistendo all'ennesima esecuzione capitale, in compagnia del suo futuro genero, uno scrittore fresco del successo del primo romanzo appena pubblicato.
L'osservazione è puntata soprattutto sulla Pubblica Accusa: quanto può contare il modo con il quale si gestisce l'impianto accusatorio se il procuratore si sta muovendo in vista di candidature politiche?
Nel corso di queste disquisizioni, il direttore del giornale elabora l'idea di creare – in occasione di un eventuale prossimo omicidio – un nucleo di prove a carico di una persona palesemente innocente in modo da provocarne la condanna a morte. Solo in prossimità dell'esecuzione, lo stesso si farebbe carico di dimostrare l'artifizio in modo da rendere evidente il rischio altissimo di sbagliare nella condanna.
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