martedì 31 marzo 2009

Recensione CRASH

Recensione crash




Regia di David Cronenberg con James Spader, Holly Hunter, Elias Koteas, Deborah Unger, Rosanna Arquette, Peter MacNeill, Cheryl Swarts

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Il regista pubblicitario James Ballard (James Spader) vive in maniera insolita l'esperienza di un incidente d'auto e scopre, in seguito ad esso di aver associato il piacere sessuale agli scontri automobilistici. James inizia una relazione atipica con la dottoressa Helena Remington (Holly Hunter), che nello stesso incidente ha perduto il marito e riesce nel contempo a contagiare la moglie Catherine (Deborah Unger) in un delirio da sessualità terminale che si esprime attraverso scambi di coppia. In uno di questi l'uomo subisce il fascino di Vaughan (Elias Koteas), che ha l'hobby delle ricostruzioni di famosi incidenti ed il cui sogno è l'incontro attraverso un frontale con Elizabeth Taylor.

È passato abbastanza tempo dall'uscita di questo film perché le incitazioni al rogo in nome della pubblica morale siano state se non dimenticate, per lo meno superate da urla originate da più recente indignazione. Ora possiamo dire che in definitiva Cronenberg ha solo fatto un gran lavoro: non è per niente facile tradurre in immagini i deliri di uno dei più controversi scrittori del secolo e Ballard è ancora adesso un cantore disilluso delle infinite possibilità di deriva umana.
Certo rappresentare una sessualità iperattiva dietro i vetri del prolungamento fallico per eccellenza, l'auto, deve essere sembrato davvero troppo a tutti gli adoratori dell'ultimo modello in commercio. Ma è proprio qua che Ballard e Cronenberg si incontrano e celebrano lo stato terminale delle ambizioni consumistiche, che non portano la felicità come promesso dagli spot, ma a volte possono condurre ad un apice eiaculatorio che si fa materia attraverso l'impatto, "Crash" per l'appunto. E se nel libro le parole erano forti, e lo sono ancora, di certo le immagini non sono da meno, quindi le rappresentazioni di famelici amplessi, come quelle di feticistiche riproduzioni di incidenti o le fantasie voyeuristiche messe in atto con una freddezza che richiama il metallo, non sono altro che il fine ultimo di chi deve per forza richiamare l'attenzione su un pericolo, quello poi avveratosi della progressiva meccanizzazione dell'io che si fa negazione della morte, attraverso il mancato riconoscimento della paura e la celebrazione della velocità come fine ultimo, ma per correre dove, poi nessuno lo sa.

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