Recensione il mio amico giardiniere
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Recensione a cura di Mimmot
"Il mio amico giardiniere" appartiene a quel genere di commedie, leggere come un soffio e toccanti come la musica del cuore, che si basano essenzialmente sul valore delle parole e sulla ricchezza del dialogo, più che sullo sviluppo narrativo e figurativo della storia, e che esaltano le virtù dei sentimenti e ci fanno riscoprire il valore epico del quotidiano.
Si tratta di una commedia in cui il tutto è nulla, ma attorno a quel nulla si annida un mondo di pensieri ed emozioni, di parole dette e di parole non dette.
E di solitudini.
Originariamente (ed emblematicamente) intitolato "Dialogue avec mon jardinier", quasi a sottolineare la forza empatica del dialogo, il film è una lunga e ininterrotta conversazione che i due protagonisti intrattengono sull'onda delle memorie passate, ma anche sulla fragilità della vita, sulla bellezza della natura, sulle gioie e i dolori del proprio vissuto; dialogo che li porta ad un reciproco scambio di valori e ad un arricchimento culturale, e li induce ad immegersi nelle delusioni altrui, per intravedere i problemi esistenziali sotto una nuova prospettiva, che consente loro di riappropriarsi del significato concreto della vita.
Ma anche il titolo italiano, seppure un po' più banale, ci porta a soffermarci sull'importanza e sulla forza dell'amicizia, ritrovata casualmente e alimentata dalle proprie diversità, che si bilanciano l'un l'altra e si regalano vicendevolmente la possibilità di rivivere una nuova adolescenza, meno spensierata ma più consapevole di quella vissuta.
Due personaggi e due uomini che si incontrano quasi per caso e finiscono per entrare l'uno nella vita dell'altro, per riscoprire il piacere di raccontarsi, di riferirsi i problemi esistenziali e di offrire all'altro un po' di sé, di completarsi a vicenda e conoscere il significato di tutte quelle analogie che danno sostanza e valore alla nostra esistenza.
Ed è questa, forse, la cosa più importante, soprattutto nel momento in cui si scopre che i punti fermi che ci eravamo costruiti si sono rivelati fugaci e fragili o, ancora, quando si capisce che la vita è ormai inesorabilmente avviata verso il raggiungimento del traguardo finale.
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