giovedì 12 marzo 2009

Recensione GERMANIA ANNO ZERO

Recensione germania anno zero




Regia di Roberto Rossellini con Edmund Moeschke, Ingetraud Hinze, Franz-Otto Krüger, Ernst Pittschau, Erich Gühne, Karl Krüger

Recensione a cura di Marco Iafrate (voto: 8,0)

La quiete dopo la tempesta è quello che la natura offre alla natura dopo essersi scatenata in tutta la sua violenza. Ogni manifestazione di potenza è seguita dal silenzio e dalla calma della quiete che trasferisce ai suoi abitanti naturali, gli animali e le piante, il piacere del ritorno alla normalità, restituendo quell'equilibrio e quell'armonia propri della natura stessa.
L'uomo è stato perfettamente in grado di imitare la furia devastante degli elementi, lo ha fatto quando ha iniziato ad utilizzare le bombe, ma con una variante: al loro seguito, invece della quiete, ha lasciato sempre e soltanto miseria e distruzione, cenere e macerie, disperazione e morte. Questo limbo, questo cono d'ombra, questo spettrale letargo che si viene a creare dopo ogni devastazione causata dall'uomo è l'anno zero del film di Roberto Rossellini preso in esame in questa recensione.

Siamo a Berlino, è il 1947. Il piccolo Edmund, appena tredicenne, è costretto - con lavori saltuari più o meno leciti - al mantenimento della propria famiglia. Il giovane vive in un modesto appartamento con il padre (un uomo afflitto da una malattia cardiaca che lo fa stare cronicamente a letto), il fratello (che a causa dei suoi trascorsi nazisti passa le sue giornate costantemente nascosto in casa) e la sorella (sempre in bilico tra responsabilità familiari e prostituzione).
L'incontro casuale con un suo anziano ex insegnante segna per sempre la giovane esistenza del ragazzo. Ambiguo, mostruoso nell'approfittare del contesto per esplicare le sue tendenze pedofile l'uomo, intriso di ideologia nazista, circuisce il bambino esponendogli le proprie idee riguardo alla superiorità dei forti sui deboli, sulla necessità di eliminare i secondi per salvare i primi.
Condizionato dalle parole dell'uomo, Edmund vede nella figura del padre l'anello debole di questa catena e, in un momento di ingenua confusione interiore, lo avvelena. Scacciato dal maestro che non vuole responsabilità sull'accaduto, il giovane vaga per la città disorientato ed afflitto dal rimorso; salito all'ultimo piano di un edificio diroccato, sotto lo sguardo della sorella, si getta nel vuoto.

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