Recensione glory to the filmmaker!
Recensione a cura di Anna Maria Pelella
Ok, siete pronti? Cinque secondi al lancio, quattro... tre... due... uno... via!
Continua l'opera di destrutturazione del cinema da parte di uno dei più geniali cineasti asiatici di sempre, Kitano Takeshi. Si comincia chiedendosi quali tipi di film la gente vorrà vedere e si continua offrendoli tutti. Kitano del resto ne ha già girati di tutti i tipi, e qua li mette in fila per noi. E se il gangster movie non ha più misteri per il famoso regista, di certo lo sappiamo capace anche di filmare bellissime storie di poetiche saghe familiari, o anche un bel film di fantascienza nello stile che tanto piace agli americani, con l'asteroide che minaccia il pianeta, oppure perchè non tristi racconti di drammi domestici, o addirittura un horror col demone che mangia la gente e prende testate contro le porte che si rifiutano di aprirsi automaticamente al suo passaggio? Il doppio che serve da filtro agli impatti che la vita riserva si prende appunto ogni botta, e quando il geniale autore ha da dire la sua se ne infischia delle conseguenze, tanto c'è il pupazzo che tutto assorbe, e non manca neanche la frecciatina alla testata più famosa della storia del calcio degli ultimi anni, uno Zidane che resterà immortalato nel film meno film che Kitano ha mai pensato per noi. E se all'inizio del viaggio lui poteva aver pensato di farla franca, mandando avanti il suo doppio, a chiedere lumi al dottore sullo stato del suo cervello, ricevuto in risposta un laconico "la prossima volta gli dica di venire di persona" al termine dell'intera operazione avremo il responso definitivo "dottore cos'ha il mio cervello? È rotto..." hanno ragione i critici, Kitano non c'è più, al suo posto un pupazzo che rimbalza le critiche e un dispettoso folletto si mette dietro la macchina da presa usurpando il suo nome e destrutturando tutti i suoi film. È difficile negare il piacere di giocare con lo spettatore ad uno dei più grandi registi di sempre, e pazienza se la critica non apprezza. Kitano prende in esame l'intera sua opera e ce la mostra come un unico tentativo di accontentare il pubblico, cosa che di sicuro gli è riuscita, ma adesso è lui che si vuole divertire e per questo torna alle sue origini, il teatro regalandoci il meglio delle sue gag comiche, più un bonus che racconta della difficoltà per un regista affermato di essere sè stesso e non il pupazzo dei critici.
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